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La Chiesa in Italia Meridionale sotto i Normanni

Sacerdoti e parrocchie

Quando giunsero i Normanni in Italia del sud, non era molto diffuso lo schema parrocchiale, in quanto struttura di base dell’organizzazione pastorale, dove gli abitanti di un insediamento abitativo rurale o di un quartiere urbano sono raggruppati intorno al camposanto, alla chiesa e al suo chierico. In qualche caso, le comunità monastiche ricoprono la parte organizzativa della vita pastorale e quell’influenza rimarrà intatta. Ma quel ruolo spetta anche a signori laici che si erano impadroniti del patrocinio delle chiese quando si sono sitemati i loro territori. Si riservano il diritto di nominare gli officianti e ne ricavano i benefici. Nell’incapacità di imporsi alle potenze private, i vescovi delle piccole diocesi meridionali accettarono spesso il fatto compiuto stilando alle chiese private delle cosiddette « carte di liberazione » con le quali rinunciavano ai loro diritti materiali come alla nomina dei sacerdoti, pur mantenendo la pretesa di una prevalenza a livello disciplinare.

Tale situazione è ostacolata dalla riforma ecclesiastica avviata dalla Santa Sede nei secoli XI e XII, grazie anche all’appoggio normanno. I Normanni impongono coerentemente l’organizzazione signorile e quella della rete parrocchiale, entrambe elementi di controllo delle popolazioni. La gerarchia ecclesiastica viene quindi riconosciuta, ma l’autorità del signore conta molto : egli patrocina la parrocchia e ricopre una parte essenziale nella nomina degli officianti. Sono reclutati negli strati sociali abbastanza modesti ; i papi nel periodo della Riforma cercano di inquadrarli imponendo loro nuove regole di vita. Il celibato dei sacerdoti sembra si sia stabilito lentamente in un contesto segnato dalla vicinanza con le chiese di rito greco, non propense affatto ad adeguarsi a questa riforma.

Nella parrocchia i sacerdoti amministrano i sacramenti : battesimo, matrimonio, funerali. Fungono anche da ausiliari della vita comunitaria negli atti che richiedevano di saper scrivere (notariato, stesura di atti giuridici) ; pochissimi senz’altro erano capaci di utilizzare insieme il latino, il greco, l’ebraico e l’arabo, come quel chierico della corte del re normanno, autore dell’epitaffio quadrilingue conservato in una chiesa di Palermo.

 

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