Guglielmo I: la politica interna (corona vs nobiltà)

Parallelamente alla politica estera, Guglielmo I (1154-1156) prosegue ugualmente, in maniera più rigida, la politica interna operata da suo padre e rinforza segnatamente il suo potere e quello dell’apparato burocratico a scapito dei diritti feudali.
Questa politica scatena la scontentezza dei baroni del regno che non possono tollerare un così grande potere conferito dal re a consiglieri neanche nobili. Il più potente esponente ne è Maione di Bari, il molto efficace emiro degli emiri, precedentemente cancelliere di Ruggero II : secondo i nobili, ha appunto quel torto di scegliere i collaboratori per le loro competenze piuttosto che per la nascita. Giovandosi di diversi fallimenti politici, i baroni si ribellano dunque, alleandosi successivamente con gli imperatori d’Oriente e d’Occidente o col papa. La parte continentale dei territori comincia a sfuggire al controllo di Guglielmo nel 1155, e perfino la Sicilia finisce col subire il fenomeno. Guglielmo riesce comunque a ristabilire la calma. Scacciati i Bizantini nel 1156, risale in Campania, elimina Roberto di Capua e assedia papa Adriano IV a Benevento. Il re opera in seguito una repressione particolarmente sanguinosa, che non basterà a far tacere gli scontenti. 
Nel 1160, una congiura uccide il troppo potente Maione di Bari ; il 9 marzo 1161, Guglielmo viene catturato nel suo palazzo e imprigionato. Di fronte alla condanna del clero dell’atto sacrilego, il popolo libererà il re, ma durante le sommosse muore Ruggero, il suo giovane figlio, ostaggio della congiura che lo ha posto sul trono. Ciononostante, Guglielmo perdona ai baroni ribellatisi. Tale manifestazione di debolezza li spinge a attizzare la ribellione: il re avvia un regime poliziesco severissimo e nuovamente cerca di domare la ribellione mettendo il regno a ferro e a fuoco. Gli ultimi anni del suo regno rimangono un periodo molto difficile per la corona e gli valgono il soprannome di Guglielmo « il Malo ».