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Arte e architettura normanna

Il libro e la miniatura

La miniatura è una delle forme artistiche che conosce il maggior mutamento nell’epoca normanna. In una prima fase, ritratti dei nuovi detentori della potestà sono dipinti negli scriptoria monastici, nella scia delle opere dei secoli precedenti. Sono raffigurazioni di re troneggianti in mezzo ai loro dignitari e al seguito, conformi alla tradizione di figure ieratiche dell’ottica monastica di Montecassino.

Ma l’introduzione in Italia normanna di manoscritti di autori antichi si accompagna con la nascita di nuovi ateliers di minature a Bari, Napoli o Salerno, nei quali sono inventate nuove forme di illustrazioni, capaci di immaginare le creature ovidiane, nelle Metamorfosi, come di raffigurare con cavalieri normanni i racconti degli storici antichi. Tale ispirazione di fonte profana differisce dalla tradizione monastica ; si riscontra in ugual modo nella scultura delle chiese e dei monasteri dove fioriscono nel primo XII secolo le raffigurazioni di guerrieri rivestiti delle armi dell’epoca.

Le novità dei repertori, delle forme grafiche e dell’ornamentazione sono influenzate anche all’arte musulmana, attraverso le illustrazioni dei libri di georgrafia o di astrologia dipinte alla corte di Palermo, per Edrisi, autore del Libro di Re Ruggero (1154), o Al-Sûfi, di cui si traduce in latino il Liber de locis stellarum, per volere di Guglielmo II. L’arte bizantina è anch’essa sfruttata, soprattutto tramite gli alti funzionari della corte, gli « emiri » Eugenio e Enrico Aristippo che dalle loro ambasciate a Constantinopoli portano i codici offerti dall’imperatore.

Questo rinnovamento iconografico porta alla creazione di un’opera del tutto ragguardevole alla fine dell’epoca normanna : il Liber ad honorem Augusti, scritto da Pietro da Eboli, steso e probabilmente miniato a Palermo. Le illustrazioni dettagliate e viventi di scene di palazzi, di processioni, di battaglie, diventano così importanti come il testo stesso. Sono imparentate allo schema narrativo dell’Arazzo di Bayeux, tanto nella composizione monumentale di scene successive, quanto nel tema della condanna del tradimento di Tancredi di Lecce e del successivo trionfo del protagonista, l’imperatore Enrico VI.

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